Ho inviato almeno tre richieste di incontro urgente alla Presidente della Regione Umbria, visto che la stessa Presidente trattiene a se le deleghe della sanità e ad oggi non ha ancora provveduto a nominare un Assessore competente. Ad oggi, nessuna risposta. Nessuna comunicazione interlocutoria, nessuna rassicurazione, nemmeno le scuse formali che solitamente accompagnano un ritardo: nulla del tipo “la Presidente non riceve i cittadini”, “la Presidente ha impegni improrogabili” o nostri Servizi stanno provvedendo o altro… per cui ripropongo i temi salienti delle nostre istanze.
Un appello alla Presidenza della Regione Umbria
Ciò che avrei voluto dire personalmente alla Presidente, se avesse avuto la bontà di incontrarmi, è questo:
Comprendo le ristrettezze dei fondi sanitari, ma destinare anche solo una parte delle risorse derivanti dall’aumento dell’IRPEF al rafforzamento dell’odontoiatria pubblica sarebbe un gesto concreto di responsabilità e lungimiranza.
Un intervento del genere non solo allevierebbe le sofferenze dei pazienti, ma valorizzerebbe anche la ricerca scientifica, conferendo lustro all’Università degli Studi di Perugia e alla sanità regionale.
Sarebbe un atto meritorio, ricordato negli anni come esempio di buona gestione delle risorse e di attenzione ai bisogni reali dei cittadini.
La DCCM non è soltanto una condizione dolorosa e debilitante per chi ne soffre, ma rappresenta
anche una fonte di spreco considerevole di risorse pubbliche e private. Ogni anno, milioni di euro
vengono spesi in visite ed esami e farmaci che troppo spesso non affrontano la causa primaria del
problema. Nel frattempo, i pazienti vivono una sofferenza cronica che si aggrava con l’insorgere di ulteriori patologie, molte delle quali potrebbero essere prevenute se la causa fosse trattata correttamente.
Questa condizione, tutt’altro che rara, rappresenta un disturbo ad alto impatto sociale e sanitario.
Una ricerca dell’Università degli Studi di Perugia ha evidenziato che, nelle forme più lievi, la DTM o DCCM interessa oltre la metà della popolazione umbra. Si tratta di una patologia
prevalentemente di natura odontoiatrica, alla quale la Regione dovrebbe prestare particolare
attenzione, anche alla luce dei risultati della ricerca condotta in ambito accademico.
Cosa dovete sapere
Lo scopo di questo sito è quello di fornire informazioni documentate e tutelare il diritto alla diagnosi e alla cura della Disfunzione Cranio-Cervico-Mandibolare (DCCM), conosciuta sin dal 1937 come Sindrome di Costen.
Questa storia, infatti, nasce lontano 2001, con l’approvazione del Decreto Legislativo n. 279/2001, che ha introdotto i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). In quanto sino ad allora esistevano centri pubblici che si facevano carico di questi pazienti (diagnosi e cura).
Quel provvedimento, presentato all’epoca come una riforma di modernizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, ha avuto però un effetto devastante su intere categorie di pazienti: l’estromissione dalle cure primarie dell’Odontoiatria e delle terapie di Riabilitazione Fisica. Due “pilastri” essenziali per la cura della patologia. La riforma del D.Lgs. 279/2001 tracciava i criteri di base per l’assistenza odontoiatrica, attribuendo alle singole Regioni la facoltà di ampliare l’offerta di prestazioni per i cittadini.
Essa prevedeva anche l’obbligo di segnalazione al Ministero della Salute il “rischio” di inappropriatezza nelle cure, come l’insorgenza e dell’incidenza di nuove patologie, come la DCCM, per garantire monitoraggio e interventi tempestivi.
In questo contesto assume un ruolo fondamentale la ricerca scientifica, come quella condotta dall’Università degli Studi di Perugia, che ha documentato l’incidenza e le conseguenze della DCCM sulla popolazione, fornendo dati essenziali per l’eventuale inclusione della patologia nei LEA.
Nonostante la DCCM rappresenti oggi una delle principali patologie odontoiatriche, i LEA si limitano a prevedere la prevenzione delle malocclusioni nella fascia d’età 0-14 anni, escludendo completamente la cura degli adulti, che spesso ne sono affetti a seguito di traumi, interventi odontoiatrici errati, paresi del facciale non diagnosticate (sindrome di Bell) o altre cause funzionali.
In un colpo solo, migliaia di persone — tra cui i pazienti affetti da Disfunzione Cranio-Cervico-Mandibolare (DCCM) — si sono ritrovate fuori dal sistema pubblico di assistenza, costrette a rivolgersi al privato o a rinunciare alle cure.
Ma non solo: la norma ha colpito anche gran parte degli anziani di questo Paese, privandoli di prestazioni fondamentali per la loro salute e la loro qualità di vita.
Da allora, la situazione non è migliorata. Al contrario, il progressivo processo di autonomia regionale ha aggravato le disuguaglianze territoriali, trasformando il diritto alla salute in una “lotteria geografica”, dove la possibilità di curarsi dipende dalla regione di residenza.
A titolo esemplificativo pubblico in sintesi alcuni documenti raccolti in questi 25 anni affinché anche i cittadini più distratti possano comprendere cosa sta realmente accadendo nella sanità regionale.
* Nota bene – La risposta del Ministero della Salute: un chiarimento che non chiarisce
Nel 2009, a seguito di numerose sollecitazioni, il Ministero della Salute rispose formalmente in merito alla questione della Disfunzione Cranio-Cervico-Mandibolare (DCCM), indicando presunti centri di riferimento nella Regione Umbria.
Tuttavia, la realtà dei fatti era ben diversa.
Nel corso di un incontro a Roma, lo stesso prof. Enrico Gherlone, noto gnatologo clinico, contattò telefonicamente un odontoiatra di sua conoscenza operante in Umbria per verificare l’esistenza di strutture pubbliche o specialisti qualificati in materia.
La risposta fu un “no” secco: in Umbria non esistevano né centri specializzati né professionisti pubblici dedicati al trattamento della DCCM.
Lo stesso interlocutore aggiunse di avere notevoli difficoltà a gestire i casi più complessi, proprio per la mancanza di strutture adeguatamente attrezzate.
Al termine dell’incontro, come rappresentanti dei pazienti, chiedemmo al Ministero una risposta scritta e ufficiale riguardo alle norme e alle forme di assistenza garantite per la DCCM.
Dopo settimane di attesa, giunse finalmente la comunicazione: vi si citavano i centri “Victoria Regia” e “Don Gnocchi” come strutture di riferimento.
Peccato che, come ho potuto verificare personalmente, nessuna di queste strutture avesse in realtà una convenzione attiva o fornisse cure effettive ai pazienti affetti da DCCM.
Il risultato è stato l’ennesimo scaricabarile istituzionale, dove la burocrazia si sostituisce ai fatti e i pazienti restano prigionieri di un sistema che, pur sapendo, continua a non vedere.
* Nota bene – La “lotteria geografica” della sanità regionale
Un esempio emblematico delle disuguaglianze generate dall’autonomia sanitaria è rappresentato dal confronto tra la Regione Toscana e la Regione Umbria.
Nel 2001, la Toscana — con una propria delibera regionale — ha scelto di tutelare concretamente il diritto alla salute dei pazienti affetti da Disfunzione Cranio-Cervico-Mandibolare (DCCM), garantendo la possibilità di cura e assistenza anche dopo l’entrata in vigore dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
La Regione Umbria, invece, ha seguito una strada diametralmente opposta.
Ancora nel 2005, in una risposta ufficiale a un’interrogazione del Consiglio Regionale, l’allora Assessorato alla Sanità dichiarava testualmente che si stava “procedendo alla ricognizione delle strutture e dei mezzi volti a normare l’assistenza ai soggetti affetti da tale patologia, che non trova attualmente, nella nostra regione, una risposta adeguata.”
In altre parole: nulla di concreto era stato fatto, nemmeno per garantire forme di rimborso o assistenza indiretta.
Un vuoto istituzionale che ha di fatto cancellato ogni tutela, lasciando i pazienti senza alternative, costretti a rivolgersi al privato o a spostarsi in altre regioni — quando non addirittura all’estero — per ricevere cure adeguate.
* Nota bene – Le linee guida del Ministero della Salute (2011): una verità ignorata
Alla pagina 3 delle Linee Guida di Odontoiatria pubblicate dal Ministero della Salute nel 2011, viene chiaramente affermato che:
“I disordini temporo-mandibolari (DTM) sono una serie di condizioni cliniche caratterizzate da segni e sintomi che coinvolgono i muscoli masticatori, l’articolazione temporo-mandibolare (ATM) e le strutture associate.
Rappresentano la condizione clinica di dolore muscoloscheletrico più frequente dopo il mal di schiena…
A volte possono essere disordini associati a “trattamenti odontoiatrici non eseguiti a regola d’arte.”
Questa affermazione, apparentemente tecnica, in realtà descrive perfettamente la gravità del problema:
se la DTM (o DCCM, come è anche conosciuta) può derivare da trattamenti odontoiatrici errati o inadeguati, è evidente che solo un sistema pubblico efficiente e controllato può tutelare davvero i pazienti.
Ma cosa accade in Umbria e in molte altre regioni italiane?
In assenza di strutture pubbliche specializzate e di centri di riferimento adeguati, i pazienti vengono abbandonati a se stessi.
E, come sottolineano le stesse linee guida, di fronte a situazioni cliniche già compromesse, nessun professionista privato si assume la responsabilità di intervenire, temendo contenziosi o complicazioni medico-legali.
Il risultato è drammatico: una terra di nessuno, dove il dolore dei pazienti si somma al rimpallo di competenze tra istituzioni e alla paura, comprensibile ma devastante, di chi non trova più nessuno disposto a curarlo. Un destino che molti pazienti, me compreso, possono purtroppo testimoniare con la propria esperienza personale.
* Nota bene – Per quanto riguarda l’interrogazione parlamentare presentata nel 2015 dal Movimento 5 Stelle, desidero rendere noto che nelle scorse settimane ho inviato una richiesta di chiarimenti e di intervento al Presidente Giuseppe Conte, attuale leader del Movimento, il quale oggi fa parte della nuova giunta di centrosinistra (cosiddetto “campo largo”) che governa l’Umbria.
L’intento era quello di sollecitare un incontro con la Presidente della Regione, affinché si potesse finalmente affrontare con serietà la questione della DCCM e del vuoto assistenziale che da anni penalizza i cittadini umbri.
Ad oggi, tuttavia, non ho ricevuto alcuna risposta.
Un silenzio che pesa ancora di più se si considera che lo stesso Movimento, dieci anni fa, aveva riconosciuto la gravità della situazione con atti parlamentari ufficiali.
Ad oggi- Nel mio caso, con un’invalidità civile del 76%, (secondo i Lea regionali) avrei diritto ad essere preso in carico dalle strutture sanitarie e a ricevere le cure del caso (pur pagando alcune prestazioni di tipo protesico). Eppure, da oltre vent’anni attendo che la Regione mi fornisca informazioni in merito alla fattibilità di interventi urgenti e alla protesica e attivi un percorso di cura — come previsto dai protocolli medici.