Questo appello nasce da una vicenda personale ma tocca una questione di rilevanza pubblica: la negazione di un percorso di cura ai pazienti affetti da disfunzione cranio-cervico-mandibolare (DCCM) nella Regione Umbria, nonostante la normativa nazionale (DPCM 279/2001) preveda tutele specifiche per l’accesso ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

La disfunzione cranio-cervico-mandibolare (DCM) è un disturbo che coinvolge l’occlusione dentale e la relazione tra la mandibola, il cranio e la colonna vertebrale cervicale. Si manifesta con una serie di sintomi, tra cui dolore facciale, mal di testa, disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM), rigidità del collo, rumori articolari e difficoltà nel movimento della mandibola. La DCM non è solo una condizione dolorosa e debilitante per i pazienti, ma rappresenta anche una fonte di spreco significativo per le risorse economiche pubbliche e private. Ogni anno, milioni di euro vengono spesi in visite ed esami che, troppo spesso, non affrontano la causa principale del problema. Al contempo, le persone si trovano a vivere con una sofferenza cronica, aggravata da altre patologie che potrebbero essere prevenute se la causa sottostante venisse trattata correttamente.

Questa condizione, purtroppo non rara, rappresenta un disturbo a forte impatto sociale e sanitario che, secondo una ricerca condotta dall’Università degli Studi di Perugia, interessa nelle forme più lievi, oltre la metà della popolazione. Si tratta di una patologia prevalentemente di natura odontoiatrica, alla quale la Regione Umbria dovrebbe prestare particolare attenzione, anche alla luce della menzionata ricerca e di quanto previsto dal DPCM 29 novembre 2001 e successive modificazioni, che definisce i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Tale normativa stabilisce che, per quanto riguarda le cure odontoiatriche e le terapie fisiche, sia compito delle singole Regioni garantire un percorso di cura adeguato ai residenti.

Ciò implica, di fatto, che i pazienti nelle mie condizioni non possano accedere a centri specializzati fuori regione. Con l’Autonomia alcune Regioni hanno infatti introdotto nei loro piani sanitari regionali l’obbligo di residenza per l’accesso a determinati servizi sanitari, creando un’ulteriore impedimento burocratico e discriminazione, che rischia di violare l’art. 32 della Costituzione italiana, il quale garantisce il diritto alla salute come fondamentale e universale, senza discriminazioni territoriali.

Ritengo che la conoscenza e la prevenzione siano strumenti fondamentali per migliorare la salute dei cittadini, poiché, come ben sappiamo, la salute non è solo un diritto inalienabile, ma rappresenta anche uno degli aspetti più rilevanti per valutare la qualità della vita complessiva di ogni persona.

Come cittadino e come paziente, ho deciso di fare la mia parte ma, a oggi, la regione Umbria rifiuta di fornire informazioni in merito ai centri di riferimento e ai percorsi diagnostico-terapeutici. la Regione Umbria – pur avendo recentemente aumentato le tasse regionali, fatto senza precedenti, con la dichiarata finalità di migliorare la sanità pubblica – dal mese di giugno rifiuta di rispondere alle mie PEC.
Di conseguenza, tutte le promesse di un miglioramento e di una soluzione restano, di fatto, lettera morta.

Da oltre vent’anni vivo una condizione che dovrebbe essere tutelata per legge.
Ho una percentuale di invalidità del 76%, quindi secondo i Lea avrei diritto alla cura, ma la Regione Umbria mi nega ogni presa in carico, ogni rimborso, ogni informazione.

Ho scritto, denunciato, bussato a tutte le porte: Parlamento, Ministero della Salute, Presidenza della Repubblica. Tutti hanno sollecitato la Regione. Nessuno ha risolto.
Per curarmi, sono stato costretto ad andare all’estero, affrontando spese che hanno messo in ginocchio la mia vita.
E ora mi trovo davanti a nuovi interventi urgenti, senza alcuna prospettiva concreta.

Questa non è solo la mia storia.
È la storia di tanti cittadini che vengono lasciati soli, che vengono esclusi dal sistema sanitario a causa di norme regionali, burocrazia, silenzi istituzionali.
È una questione politica, morale e civile.

Con questo appello chiedo:

l’attivazione urgente di un percorso diagnostico-terapeutico per la DCCM, con l’individuazione di centri di riferimento pubblici adeguatamente attrezzati;

la trasparenza sull’offerta di servizi regionali e, in assenza di strutture idonee, la possibilità di accedere a cure fuori regione senza ostacoli burocratici né vincoli discriminatori di residenza;

l’inserimento della DCCM nei Piani Sanitari Regionali, in coerenza con le evidenze scientifiche prodotte dall’Università di Perugia e con i principi costituzionali.

Sono convinto che solo un impegno comune – di cittadini, istituzioni, operatori sanitari, e mezzi di informazione – possa riportare equità nell’accesso alle cure e restituire dignità a tanti pazienti oggi lasciati senza risposte.

Mi rivolgo per tanto a tutti coloro che hanno a cuore il destino della Sanità pubblica in Italia.

Vi invito a leggere l’appello e a valutare un Vs. intervento concreto, anche favorendo un incontro con la Regione per affrontare la questione in modo trasparente e risolutivo.

Non restiamo indifferenti

non si può più tacere. La negazione del diritto alla cura non è un problema solo mio: è un problema di tutti. Se oggi un cittadino malato è lasciato solo, domani chiunque può trovarsi nella stessa condizione.

Vi chiedo di non distogliere lo sguardo. Di non restare indifferenti.

Di fare la vostra parte, ognuno per quello che può, affinché la sanità torni ad essere un bene comune e non un privilegio. Non è solo una questione di salute: è una questione di dignità, di giustizia, di futuro.

Per questo rivolgo un appello a tutte le donne e gli uomini di buona volontà:

Non distogliete lo sguardo.
Non lasciate che il diritto alla salute diventi un privilegio per pochi.

Chiediamo insieme l’attivazione di percorsi di cura pubblici per la DCCM (Disfunzione Cranio Cervico- Mandibolare) e le patologie croniche e complesse.

Chiediamo trasparenza, centri di riferimento, e la possibilità di curarci anche fuori regione se qui non esistono strutture adeguate.

Il diritto alla salute è un bene comune. Difenderlo è un dovere di tutti.

Tutte le informazioni le trovate su: www.arianuova.eu

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