Come ho scritto più volte il caso della DCCM rappresenta una delle più grosse truffe ai danni dei cittadini e della sanità pubblica. Nel 2001 con dlgs. n. 405 riguardante i LEA, allo scopo di migliorare la spesa e rendere più efficienti i servizi sanitari, sono state stabilite delle priorità per quanto riguarda l’assistenza, nel caso dell’ Odontoiatria e della Riabilitazione fisica, le cure che in precedenza venivano garantite a tutti i cittadini, dovevano essere rivolte in via prioritaria ai malati che ne avevano maggiormente bisogno, affidando alle regioni il compito dell’accertamento di una invalidità e dei requisiti stabiliti per legge. Questo in realtà si è rivelata una trappola mortale per i pazienti in quanto le regioni, tranne qualche rara eccezione, sotto la spinta di lobby private, afflitte da sprechi e corruzione, se ne sono infischiate dei malati e hanno continuato a garantire sprechi, privilegi e primariati, e contrariamente da quanto stabilito nella riforma hanno escluso proprio coloro che avrebbero l’obbligo di curare. Come ci ha confermato il Ministero della Salute, i Lea stabiliscono il diritto alla cura per i pazienti affetti da DCCM, ma di fatto le regioni in modo illegale impediscono ogni tipo di soluzione. Quindi niente convenzioni e nemmeno un rimborso!!.
Una situazione che si protrae da tempo grazie all’opera di disinformazione portata avanti dalle regioni, Asl e dagli “specialisti” che non perdono un’ occasione per rivelare la loro malafede, da un lato ci sono i pazienti disperati e disinformati che non ricevono cure, dall’altra c’è l’illegalità delle regioni che non riconoscono loro una diagnosi. Questo fa si che alla mancanza di cure spesso si aggiunge anche il dissanguamento economico e la perdita del posto di lavoro visto che le ripetute assenze, in mancanza di una diagnosi, non possono avere alcuna valida giustificazione. Lottare contro tutto questo quindi non è più solo un dovere morale, ma è una necessità per la sopravvivenza. Solo individuando in modo solidaristico degli obiettivi comuni sarà possibile fare dei passi avanti verso l’affermazione della nostra identità. Ai pazienti quindi e a nessun altro, spetta il dovere di fare delle scelte consapevoli in difesa dei loro diritti.