Viviamo in un mondo dove i soldi per la guerra non mancano mai, ma per curare un malato si devono aspettare mesi, se non anni. I governi aprono facilmente i portafogli per comprare caccia, carri armati, missili. Ma quando si tratta di finanziare ospedali, assumere medici o garantire cure tempestive, improvvisamente “non ci sono risorse”.
Nel 2024 il mondo ha speso oltre 2.400 miliardi di dollari in armamenti. Intanto, pazienti oncologici aspettano mesi per iniziare le cure. Reparti chiudono. Medici mancano. Ambulanze si fermano. E la risposta è sempre la stessa: “Non ci sono fondi.”
È questa la civiltà che vogliamo? Dove la vita si misura in termini di convenienza economica, e la morte viene finanziata più della speranza?
Perché ogni euro investito in un’arma in più è un euro tolto a una corsia d’ospedale, a un’infermiera in più, a un giovane medico che fugge all’estero per lavorare dignitosamente.
“Un Paese malato di priorità sbagliate”
Chi ci governa deve scegliere da che parte stare: dalla parte della guerra, o dalla parte della vita. Perché non si può parlare di difesa se non si è capaci di difendere ciò che conta davvero: la salute, la cura, l’umanità.
“Soldi per le armi, attese per i malati: un paradosso che fa male”.
In un’epoca in cui si trovano miliardi per finanziare l’acquisto di armamenti, la sanità pubblica arranca tra tagli, carenze e interminabili liste d’attesa. Il paradosso è evidente, doloroso, e troppo spesso taciuto: mentre si investe nella guerra, si dimentica la cura. Ogni giorno, milioni di persone convivono con malattie croniche, disabilità, fragilità. In troppi casi, la sanità pubblica non riesce più a garantire risposte adeguate: mancano medici, letti, assistenza domiciliare, prevenzione.
La salute è la vera sicurezza
I numeri parlano chiaro. Ogni anno gli Stati aumentano le spese militari in nome della “sicurezza”, ma che sicurezza è quella che non garantisce un medico a chi soffre, un letto d’ospedale a chi ne ha bisogno, una terapia salvavita a chi la attende da mesi?
Siamo arrivati al punto in cui la salute è diventata una questione di privilegio. Chi può permetterselo, si rivolge al privato. Chi non può, resta in attesa. E spesso, nell’attesa, si consuma una speranza, una possibilità di guarigione, a volte una vita.
Non è una questione ideologica. È una questione di giustizia sociale. Di scelte politiche. Di umanità.
Serve il coraggio di chiedere di più, e di meglio, per chi ha diritto a vivere con dignità.
Forse è ora di cambiare le priorità. Non per ideologia, ma per sopravvivenza. Perché la vera sicurezza nasce dalla salute, dal benessere, dall’istruzione, dalla solidarietà. Non dai fucili.
Come realtà impegnata nella difesa del diritto alla salute, diciamo NO alla guerra e al riarmo.
E diciamo SÌ a un modello di salute basato sulla prevenzione e cura, sull’equità e sulla pace.